Accettare
le radici

 

Approfondimento di Marilisa Marianella

Se ognuno di noi riuscisse a dire: “bene, io sono i miei genitori” si sentirebbe assolutamente libero e leggero, perché nessuna lotta, nessun litigio, nessuna corsa contro qualcosa di immodificabile, avrebbe più luogo di esistere. Il nucleo delle nostre cellule è per metà di nostro padre e per metà di nostra madre, quindi noi siamo i nostri genitori.

La realtà incontrovertibile è che ognuno è figlio dei propri genitori, chiunque essi siano, qualsiasi cosa essi abbiano fatto, comunque si siano conosciuti, quali che siano state le circostanze della procreazione. Dalla posizione che io assumo di fronte a questa evidenza, deriva un fatto molto elementare, ma fondamentale, ovvero la difficoltà di accettazione di noi stessi, in quanto frutto di quell’unione.

Se non accettiamo, non potremo essere in pace con noi stessi perché non potremo comprendere che in noi agisce una coscienza che ci lega per generazioni ai nostri antenati, compresi quelli della cui esistenza non sappiamo nulla. Così facendo rischiamo di comportarci in stretta connessione a ciò che loro sono /non sono stati, in misura proporzionale alla difficoltà di riconoscere il legame.

Se potessimo vedere e onorare tutti coloro che ci hanno preceduto, percepiremmo il legame e non il legaccio che ci rende invisibilmente prigionieri.

 

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